venerdì 30 novembre 2012

LEGO CONNECTION


Già altrove ho scritto dell’uso del mattoncino colorato nella formazione. Oggi riprendo l’argomento stimolato dalla curiosa connessione con cui i maggiori organi di stampa italiani (online) lo citano proprio a proposito delle didattica, per certi aspetti in modi opposti.  Sul Corrierone di due giorni fa è uscita la notizia che i sostenitori di Centopercentoanimalisti chiedono la confisca e il ritiro delle confezioni Lego circo e Lego zoo con la motivazione che queste due confezioni indurrebbero il bambino che gioca a pensare come sia normale sfruttare -estirpandoli dal loro elemento naturale- gli animali.
Schiacciato dalla piramide dei bisogni di Maslow, che mi farebbe preoccupare prima per le famiglie dei lavoratori della Lego di Lainate -a rischio di cassa integrazione- e poi per le nefaste conseguenze sulla mente delle piccole potenziali Moire Orfei, personalmente sarei propenso a dar priorità ad altre forme di attenzione e protesta. Ma eviterò ogni valutazione e passerò invece a fare notare come questo articolo sottolinei in ogni caso il peso e importanza didattica che può assumere la simulazione attraverso il gioco.
Peso e importanza all’opposto denigrato e sconfessato da un altro articolo legoconnesso pubblicato da La Repubblica.it che a firma di Marina Cavalleri e titolato “Guidare alianti e fare origami: così il manager diventa leader”, cita col solito sottotono ironico, o meglio sarcastico, le aberrazioni della formazione esperienziale: immersioni nella vasca degli squali, voli in aliante e travestimenti da Superman con allegato volo carrucolato.  Fra le evidentemente risibili (per la giornalista) attività formative metaforiche Marina inserisce naturalmente anche l’idea balzana di giocare col Lego, una delle attività statisticamente più citate di formazione demenziale, quando se ne vuol parlare male, insieme al firewalking. Si potrebbe obiettare che il secondo articolo parla di uso adulto del Lego e il primo invece di uso infantile, ma si dimenticherebbe allora che non pochi professoroni di università anche illustri hanno dimostrato come l’uso del gioco sia essenziale per la tenuta intellettuale a qualsiasi età. Partendo dalla famosa affermazione di George Bernard Shaw che diceva “L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare". Affermazione a cui si allinea  per esempio l’associazione «Giovani nel tempo» (citata dal terzo quotidiano che vogliamo coinvolgere in questo pezzullo, la Stampa), che si propone di realizzare e in seguito di commercializzare una serie di intrattenimenti in scatola, in grado di allenare e mantenere le capacità cognitive e contemporaneamente di proteggere la salute psicologica individuale negli anziani. Parte dei proventi verranno devoluti alla ricerca sull’invecchiamento condotta dal dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna. Mica pizza e fichi.
Alla fine di questa breve meditazione, il senso che me ne rimane  potrebbe essere sintetizzato in una sola frase: ma perché i giornali non si occupano di cose serie in modo serio? Magari potrebbe aiutarli a questo fine una formazione che usi anche mattoncini colorati… naturalmente dando loro una base teorica e uno studio delle esigenze intellettuali e aziendali dei giornalisti –prima- e fornendo poi adeguati debriefing –dopo- per analizzare come si sono comportanti nell’ambito della metafora esperienziale, e come potrebbero ricavarne utili insegnamenti relativamente al loro lavoro (tutte cose di cui i professionisti alla Cavalleri non parlano ovviamente mai nei loro articoli, sennò si stempera il colore).

2 commenti:

  1. Caro Marco, il tuo pezzo capita a fagiuolo ;)
    Concordo con te riguardo l’importanza di parlare e scrivere con cognizione di causa.
    Cambio forse un po’ rotta al tuo discorso per chiederti cosa ne pensi dell’utilizzo specifico dei Lego nella formazione. Coincidenza ha voluto che ne abbia letto recentemente come di qualcosa di grandemente innovativo (!!!) e che, tra l’altro, è anche un marchio registrato.
    Quindi, non tanto una questione legata al tema più generale delle attività metaforiche ed esperienziali, agli usi propri e impropri, ai nuovi mostri e all’immaginario circense che a ciò si accompagna, ma proprio lo specifico strumento, il Lego serious play, e lo specifico uso che se ne fa.
    Grazie e a presto
    Davide

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  2. sono in ritardo e sarò lapidario: tutto ciò che si può fare coi mattoncini si può fare anche con carta colorata o cannucce colorate. Però il Lego è bello, ed è stato il primo. Che poi si autocertifichi, vabbeh ciascuno è libero in democrazia di scrivere quel che vuole

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