martedì 1 settembre 2015

Il valore dei bari 2

Metto il numero dopo il titolo perchè lo spunto a questo pensiero mi viene dal post di un blog curato da Roberto Grassi, elemento di spicco nel mondo dei giochi come autore e come osservatore (vi consiglio di seguirlo, l'indirizzo è www.robertograssi.net) che titola appunto così.
Roberto citando Caillois sostiene correttamente che il senso dei bari rafforza di riflesso il senso del valore delle regole. Chi le viola non paga penitenza come chi perde, ma viene espulso dal mondo creato attaverso le regole stesse.
Questo nell'ambito della formazione è abbastanza chiaro come riferimento metaforico, anche se al proposito ci sono a volte dei limiti  di difficile definizione. 
Ad esempio: quanto è barare usare gli spazi che le regole non definiscono? In fondo l'imprenditorialità deve usare proprio questo modello di pensiero per espandersi. Come ho avuto modo di citare, il pensiero innovativo è quello che si attiva chiedendosi - e rispettando- cosa le regole proibiscono, ma dandosi la libertà di operare in tutto il resto dello spazio. Il postelegrafonico vecchio stampo (vecchio?) si chiede invece solo cosa le regole gli impongono di fare per evitare di fare altro che "non gli compete". 
Il primo propone un modello di assunzione di responsabilità, il secondo di scarico. Come diceva Pino La lavatrice "tu mi dici cosa devo fare e io lo faccio..."

Il difficile viene quando si inseriscono nel discorso regole non espresse ma generalmente riconosciute, del tipo: è corretto usare informazioni carpite in buona fede a un concorrente o ad un collega per trarne beneficio a suo scapito (come in un gioco guardare le carte che l'avversario lascia incautamente cadere)? Moralmente no, ma di fatto nessua regola/legge penale o civile lo proibisce. 

Un elemento utilizzabile quindi  in ambito esperienziale del concetto di barare può essere sviluppato  quando si analizzano le conseguenze del fatto di scoprire che qualcuno ha barato di fatto  ma senza saperlo o volerlo, cioè  in buona fede. Io a volte ho fatto usare senza dirlo un dado truccato in giochi di formazione. Prima poi qualcuno se ne accorgeva e allora nasceva regolarmente la dialettica fra quanti (di solito quelli che ne avevano avuto vantaggio) sostenevano che se non c'era malafede i risultati precedenti dovevano esser tenuti buoni, e chi (di solito coloro i quali ci avevano smenato) che si opponeva, buona o malafede non importa, e chiedeva ufficialmente di ricominciare tutto daccapo. 

Un interessante spunto di meditazione da porre in debriefing, collegandolo con  vantaggi o svantaggi acquisiti nella vita lavorativa quando ad esempio si scoprono magagne pregresse in azienda.