martedì 29 maggio 2018

TEAMBUILDING, TI ODIO!

L'altro giorno vado alla consegna dei diplomi della Scuola del Centro Sperimentale di Cinematografia dove, oltre a prestarmi saltuariamente come attore non professionista nelle esercitazioni degli studenti, faccio il docente di tecniche relazionali e lavoro  in gruppo.

Maurizio Nichetti, amico e direttore artistico della scuola, mi presenta al mega presidente del CSC nazionale come il docente che si occupa di questo. 
E lui mi risponde con un sorriso "ah sì, teambulding!"

Ecco, io avrei voluto chiarire che no, lavoriamo su comunicazione, intelligenza emotiva, progect management, gestione del tempo, leadership e altre cose ancora. 

Ma come ormai ho capito avrei fatto solo la figura del puntiglioso pignolino. Quindi ho ricambiato il sorriso e ho risposto "sì,più o meno".

Ora, che in quella occasione il contenuto dei miei corsi non sia stato chiarito era poco importante, ma ciò mi ha dato spunto per scrivere questo post.
Perchè il problema  si pone su un livello più alto di considerazione di questo lavoro di formatori, soprattutto se lo si fa in modalità esperienziale.

Seguitemi un attimo, soprattuto voi giòvini che volete cominciare questa professione, e partiamo da un'equazione: 

formazione : (teambuilding/outdoor) =  (gioco/attività sportiva) : animazione estiva
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profonda insofferenza nei confronti del gestore della cosa 


Fino a che questa definizione sarà valida la figura del formatore esperienziale professionale sarà sempre svalutata  e alla mercè di clienti che commissionano attività di fatto "divertenti" senza prevedere/pretendere un vero miglioramento nei partecipanti. Anzi spesso chiedono di saltare quel noioso debrefing, che tutti si sono divertiti e nessuno si è fatto male...
Tanto con la scusa del motivazionale mettono le spese in capo alla formazione o al training.

Questo vale anche nei casi di approccio positivo alla cosa, quello che apprezza invece di respingere l'animatore, purchè si garantisca che nessuno sarà giudicato davvero nel lavoro da come gioca. Ad esempio, in una recente aula in cui ho erogato formazione sui rudimenti del concetto di lavoro di gruppo a volontari sanitari, avendo dovuto dedicare almeno il 50% del tempo d'aula a spiegare le meccaniche teoriche delle motivazioni e la conflittualità che nasce anche in ambito volontario fra obiettivi individuali e comuni, alla fine l'unica critica ricevuta è stata: avremmo dovuto giocare di più. 
Ma non perchè il gioco permettesse di capire meglio la teoria, ma perchè così sarebbe stata meno noiosa la giornata.

Termino questo piccolo sfogo quindi con un invito a tuti i colleghi passati, presenti e futuri: smettiamo di dire noi per primi che facciamo teambuilding e proviamo a inventare un nome diverso da usare, magari tipo formaccoching (che l'inglese non possiamo ovviamente risparmiarcelo).
Magari la nostra professionalità riuscirebbe ad essere un pochino più riconosciuta.