Sono stato, come mi succede da un po’ di anni in qua in
questi giorni, a Torino. C’era IDEAG 2013, una gran bella idea (IDEA) legata al
gioco (G), abbastanza differente da tante altre belle idee-iniziative che riempiono
ormai quasi tutti i weekend italiani in tantissime città.
L’originalità di IDEAG sta nell’eredità congenita della manifestazione,
che nasce, collegandosi non sbaglio ad un più informale incontro fa autori più
di sei anni fa fra le colline di Berceto (Pr), come incontro quasi puro fra
autori (si trovano solo giochi inediti) che fra loro giocano, provano i
prototipi e si aiutano a vicenda.
Tra i tavoli -un centinaio circa- si aggirano anche piccoli
editori (e qualche volta pure qualche grande) che ascoltano, prendono nota e a
volte decidono di pubblicare quel che vedono.
A latere alcune mini conferenze di gente che ha già
raggiunto il successo, e che spiega-aiuta-consiglia i neofiti su mercato,
produzione e trucchi editoriali.
Gente bella, neanche esageratamente monomaniaca, in spirito
di condivisione e di curiosa implementazione di idee. Fra tanti lasciatemi citare
due dei principali anfitrioni: l’ormai mitico Walter Obert, uno dei fondatori
dell’iniziativa, e l’altrettanto mitica Paoletta, una delle rarissime
organizzatrici al femminile (insieme alla Babs
milanese) di cose legate al gioco.
Anche piacevolmente carina, se posso aggiungere.
Io vado a IDEA non per giocare, cosa che non amo poi molto
fare, ma per ascoltare, guardare, annusare il mondo del gioco, cosa che invece
mi piace tantissimo fare. E imparare: c’è sempre qualcosa da imparare. E vedere
se mi vengono idee anche per il lavoro.
La maggior parte dei prodotti esposti si definivano una volta
“gioconi”: tante pedine, tante carte, soprattutto tante regole. Roba molto bella, frutto di tanto studio e
test, ma che non mi interessa più tanto in ottica formativa: troppo orientata
ad un target di giocatori veri, non occasionali o addirittura “costretti”. Quel
che cerco in queste occasioni sono idee, concetti semplici ma originali (o
almeno a me sconosciuti), modelli base fondanti immediati. Il più possibile contaminabili
in chiave formativa
A un tavolo ho scoperto un autore che già conoscevo, ma non
poi tanto, Luca Bellini, che mi ha fatto vedere un paio dei suoi prototipi,
tutti molto legati al concetto di stress temporale. Qualcosa che ripreso ed evoluto (o
semplificato se si vuole) potrebbe appunto entrare nelle aule di cui si parla
in questo blog.
Uno di questi è basato su una dotazione molto basica: una
decina di dadi con lettere al posto dei numeri, una clessidra alcune carte con
parole diverse. La disposizione delle
lettere sui numeri non è casuale ma derivata da una bella ricerca sulle frequenza
statistiche delle iniziali in italiano, se volete sapere di più della quale
potete scrivere all’autore (bellalli@libero.it).
Si chiama NON HO PAROLE…
Il meccanismo è semplicissimo: il giocatore di turno lancia
i dadi e –entro il tempo della clessidra- deve fare indovinare ad altri giocatori
la parola che gli è stata assegnata dalla carta, ma usando solo parole che
cominciano lettere dettate dai dadi lanciati. Se non gli viene in mente nulla (se
non ha parole…) può tirare di nuovo a suo piacere tutti o parte dei
dadi-lettere, tutte le volte che vuole, ma sempre comunque entro la clessidra.
Su chi vince e chi perde si sta ancora discutendo con molte
proposte e varianti, la cosa riguarda l’aspetto
ludico del problema.
L’aspetto di utilità formativa sta invece nell’evidente
sottolineatura di come si sviluppa (e
come si sviluppa in modo diverso da persona a persona) la tensione creata dalla
necessità di pensare, decidere e relazionarsi con altri che non ti capiscono
entro tempi brevi e obbligati.
Tensione che si ritrova ad esempio in tutti i modelli di negoziazione.
Tensione che si ritrova ad esempio in tutti i modelli di negoziazione.
Allo stesso tavolo ho visto persone stimolate dallo stress
temporale e altre (come me per esempio) che dopo due mani non reggono lo stesso
stress e si alzano dal tavolo di gioco. Per i primi in campo lavorativo sarà bene
tenere sempre un livello di tensione alta per ottenere i migliori risultati,
per i secondi sarà invece meglio controllarlo al ribasso, ritagliando quando
possibile spazi di riserva temporali per poter decidere al meglio.
Una bella idea, un prototipo che forse diventerà un bel
gioco anche commerciale, di certo uno stimolo esperienziale molto interessante.
Ebbravo Luca.
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