giovedì 19 giugno 2014

FRA LA VIA EMILIA E IL WEST



9 giugno 2014, si parla di giochi fra la via Emilia e il West, fra cosce e zanzare a cui dai del tu (un vero Ligabue c’è, anche se è Andrea, non proprio quello là), fra duroni e amarene, sotto l’insegna della taverna sul Tiepido e l’egida del Modena In.
Giochi che, contrariamente alla definizione ufficiale di Huizinga che li pretende necessariamente gratuiti sotto ogni aspetto, sono invece pensati e usati a fine utilitaristico, a fine di crescita personale, aziendale, scolastica.
Ci sono insegnanti, consulenti, persone di risorse umane e ludologi, tutte  e tutti uniti nell’attesa di condividere, capire e carpire elementi da riversare poi nella vita lavorativa quotidiana.
Perché se è vero che si parla di gioco, in realtà si intende lavoro,  di come migliorarlo attraverso la metafora del dado, del quiz, del mattoncino da costruzione  e del roleplaying e dei loro tanti usi.
Cominciando col chiederci perché abbiamo voglia di saperne un po’ di più, continuando con la citazione di elementi teorici sul concetto astratto e concreto di gioco, sulla potenza dell’idea del “giochiamo che io ero”  così adatta ai bambini e così difficile da assimilare per gli adulti (tanto che nella proposta di provare a liberare il fanciullino che sta in noi questa sera alcuni non ci sono nemmeno riusciti …) per arrivare a vedere alcuni esempi pratici di applicazioni in ambito aziendale.
Quella in particolare che si é sviluppata è un mix di poesia giapponese – l’Haiku- e di indovina chi? Finalizzata a capire in concreto come si possono selezionare e indirizzare le parole al fine di esprimere sentimenti nell’ambito delle relazione e della comunicazione.
 Il contesto formativo fa riferimento al modello di intelligenza emotiva come sviluppato da Goleman, concretizzato attraverso una piccola gara che prevede la distribuzione di alcuni “emoticon” con faccine da arrabbiato, triste, felice, euforico, disgustato e così via, che si devono tradurre appunto in poesia sintetica secondo le regole canoniche dell’haiku: rigorosamente solo tre righe di 5/7/5 sillabe.
Un po’ come dire, con  Ruggeri:  mare d’inverno/stanche parabole di/ vecchi gabbiani.
Una volta create in segreto queste liriche, ciascuno legge la sua e il pubblico giocante cerca di  indovinare a quale emozione fa riferimento. Obiettivo ludico: essere il partecipante che ne indovina di più; obiettivo formativo: imparare che si possono controllare le emozioni attraverso la comunicazione.
Il risultato: molte facce sorridenti e la speranza di portare a casa qualche nozione in più su come si può imparare/crescere seriamente senza essere seriosi.
Magari andando anche oltre  i cosiddetti “serious games”.
Magari valorizzando la competenza specifica dei NON esperti.

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