Roberto citando Caillois sostiene correttamente che il senso dei bari rafforza di riflesso il senso del valore delle regole. Chi le viola non paga penitenza come chi perde, ma viene espulso dal mondo creato attaverso le regole stesse.
Questo nell'ambito della formazione è abbastanza chiaro come riferimento metaforico, anche se al proposito ci sono a volte dei limiti di difficile definizione.

Il primo propone un modello di assunzione di responsabilità, il secondo di scarico. Come diceva Pino La lavatrice "tu mi dici cosa devo fare e io lo faccio..."
Il difficile viene quando si inseriscono nel discorso regole non espresse ma generalmente riconosciute, del tipo: è corretto usare informazioni carpite in buona fede a un concorrente o ad un collega per trarne beneficio a suo scapito (come in un gioco guardare le carte che l'avversario lascia incautamente cadere)? Moralmente no, ma di fatto nessua regola/legge penale o civile lo proibisce.
Un elemento utilizzabile quindi in ambito esperienziale del concetto di barare può essere sviluppato quando si analizzano le conseguenze del fatto di scoprire che qualcuno ha barato di fatto ma senza saperlo o volerlo, cioè in buona fede. Io a volte ho fatto usare senza dirlo un dado truccato in giochi di formazione. Prima poi qualcuno se ne accorgeva e allora nasceva regolarmente la dialettica fra quanti (di solito quelli che ne avevano avuto vantaggio) sostenevano che se non c'era malafede i risultati precedenti dovevano esser tenuti buoni, e chi (di solito coloro i quali ci avevano smenato) che si opponeva, buona o malafede non importa, e chiedeva ufficialmente di ricominciare tutto daccapo.
Un interessante spunto di meditazione da porre in debriefing, collegandolo con vantaggi o svantaggi acquisiti nella vita lavorativa quando ad esempio si scoprono magagne pregresse in azienda.