Oggi voglio scrivere su un tema che potrebbe sembrare un po’
fuori tema: l’uso del gioco nella terapia degli adulti. Non quella solo psicologica,
quella vera, da ospedale generale. Qualcuno potrebbe obiettare: una cosa è la
formazione e una cosa è la terapia.
Lasciamoglielo dire .
Dire che il gioco sia uno strumento di aiuto, supporto e
sollievo da usare accanto alle terapie convenzionali nei confronti dei bambini
malati è addirittura banale. Basti come esempio il lavoro che Gabriele Mari sta
sviluppando , soprattutto nei confronti dei piccoli malati di autismo (leggete
il suo Tuttingioco, ed.La Pieve – Ravenna, vi farà bene anche se avete a che
fare con manager adulti “apparentemente” sani).
Che gli anziani, malati o non ancora definibili come tali, possano trovare non solo sollievo ma anche
stimolo di crescita e contenimento intellettuale giocando l’ho sentito dire
qualche volta.
Mai (ma magari è una mia lacuna e me ne scuso) ho invece
sentito dire da medici o operatori sanitari di qualsiasi livello e
specializzazione che anche per gli adulti, quelli cioè definibili come non
adolescenti e non ancora anziani, il giocare possa aiutare o addirittura essere
importante. Magari si sopporta che nelle sale di attesa degli ospedali si
vedano scatole di qualche prodotto famoso, peraltro mai viste usare, ma che si
proponga come terapia di sostegno mettiamo il Risiko! (l’esclamativo è nel logo
protetto) se l’avete mai sentito dire prima vi prego di farmelo sapere.
Cavalli si, pollice verde si, cucina si, musica si… ma
gioco?
Ecco perché questo è proprio il tema che oggi voglio
proporre, e lo faccio citandoun’ esperienza reale, vicina alla mia storia,
in cui non faccio nomi per diritto alla privacy ma pubblico delle immagini col
consenso degli interessati che me le hanno fornite.
XY si ammala di SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia neurodegenerativa progressiva del motoneurone, che colpisce
selettivamente i motoneuroni, sia centrali sia periferici. La SLA è caratterizzata da rigidità muscolare, contrazione muscolare e graduale debolezza a
causa della diminuzione della dimensiano dei muscoli. Ciò si traduce in parole povere nella
progressiva impossibilità di usare i muscoli volontari e involontari, fino alla
morte. Di solito quel che resta “utilizzabile fino alla fine” sono gli occhi e
il loro movimento usato come strumento di collegamento fra un cervello che
rimane di base normale, se non altro a livello di potenzialità razionale , e il
resto della compagnia.
XY è giovane quando si ammala, ed è anche appassionato di
gioco, soprattutto di Risiko!
Ha amici (e una moglie) che condividono questa passione e
che lo seguono sulla sua strada di conquista mondiale quasi settimanale, anche
quando non può più muovere che gli occhi. Occhi con cui osserva la mappa, detta
i suoi ordini attraverso una tabella trasparente, fulmina chi lo contrasta,
esulta per ogni lancio fortunato e si incazza quando perde.
E rinforza in sé e negli altri il suo essere
vivo e consapevolmente inserito nella vita.
Per XY anche questo modo di relazionarsi con la vita dei
“normali”è fondamentale per sentirsi allo stesso livello relazionale di chi i
dadi può tirarli fisicamente, e per dimostrare come dentro una struttura fisica
ormai completamente paralizzata ci sai una mente che invece -anche grazie a cose come il Risiko! – non
solo è viva ma continua a crescere.
Forse lo strumento migliore per aiutarlo a
continuare la sua battaglia essenziale.
E se tutto questo è fuori tema rispetto a gioco e
formazione, va beh, pensatela come vi pare.