venerdì 4 luglio 2014

MUNDIAL DO BRAZIL



Il gioco mi interessa come meccanismo e come connessione fra dinamiche umane.
I grandi eventi di gioco mi fanno sempre pensare un sacco.

I grandi eventi di gioco non sono legati a Monopoly, né a Magic, né a Katan, i grandi eventi di gioco sono connessi allo sport, anzi, diciamolo, al calcio.

E siccome mi interessa il gioco e anche il calcio e anche la connessione con la gente, guardo i mondiali brasiliani e penso: tengo al Brasile dopo l’Italia perché ho paura che con tutti i casini che hanno se non vincono in casa loro scoppia la rivoluzione e muore una marea di gente.

E penso anche che astraendomi dallo spettacolo è assurdo che tutto il mondo si fermi per un accadimento che promette lacrime e dolore a miliardi di persone e gioia a pochi milioni: come dire ti offro una possibilità su mille di godere a fronte della certezza di mille a uno di soffrire. Perché la accettiamo a miliardi? Boh….
E vedo miliardi di persone che guardano decine di persone che giocano e mi domando: perché lo fanno (quelli che guardano, quelli in campo li capisco benissimo, oltre al divertimento guadagnano un monte di soldi)? 

Perché  lo facciamo, mettendomici in mezzo io per primo? E mi viene in mente il prof Rizzolati della facoltà di neuroqualcosa di Parma, e le sue ricerche su empatia e neuroni specchio.  Chi è interessato alla cosa vada a vedersi su youtube neuroni specchio e capirà.

E penso al valore dello sport come modello di relazione dinamico-conflittuale a somma zero e lo condanno in toto, ma di questo ho già scritto ed è un chiodo fisso che sto ripetendo anche troppe volte.

E però penso anche che in fondo tutto questo va bene in ambito astratto virtuale, se serve a sfogare pulsioni conflittuali che altrimenti sfocerebbero in bombe e manganelli, solo  basterebbe che rimanesse lì e che nella vita di ogni giorno invece riuscissimo a cercare la soddisfazione delle parti invece che la vittoria frutto della sconfitta.

E penso che sto scrivendo di giochi ma forse sto scrivendo di spettacolo, di miliardi di dollari, di interessi sociali e politici, di futuro di vite. E che il gioco, senza cadere nella banalità, forse è anche vita, oltre che strumento di formazione. E che forse, anzi certamente, non sono all’altezza di scrivere di queste cose, ma lo faccio lo stesso  e questo è il bello della rete, come dice Beppe.

E sinceramente non arrivo a capire cosa mi/ci può insegnare tutto questo, ma intuisco che qualcuno che legge queste righe forse potrà arrivare a spiegarmelo.

E penso che Thiago Silva è una brava persona, e che Silvio mi ha fatto grave torto quando ha distrutto il mio Milan vendendo l’asse vincente Thiago Silva – Pirlo – Ibra… ma questa è un’altra storia….

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