Ieri mi ha scritto Manuela Arcuri, chiedendomi l’amicizia su
Facebook. Purtroppo ho dovuto negargliela perché risultava il 151° amico. Ora,
voi certo saprete che nel 1992 Robin Dunbar dimostrò come nei primati non umani
il rapporto tra le dimensioni della corteccia cerebrale e il
resto del cervello aumenti in relazione alle dimensioni dei gruppi
sociali in cui ogni specie mediamente agisce. Più individui frequenta (di
solito, il primate) e più questo rapporto aumenta statisticamente.
A partire da questa osservazione il Dumbar ha derivato la sua ipotesi del cervello sociale, secondo cui, analizzato il suddetto rapporto e comparato con quello degli altri primati, per gli esseri umani il gruppo sociale corretto dovrebbe comprendere al massimo 150 persone (quello che il Dunbar chiama clan, villaggio, o ecovillaggio). Ci ha scritto anche un libro che consiglio a tutti di leggere: “Di quanti amici abbiamo bisogno? Frivolezze e curiosità evoluzionistiche” edito da Cortina.
A partire da questa osservazione il Dumbar ha derivato la sua ipotesi del cervello sociale, secondo cui, analizzato il suddetto rapporto e comparato con quello degli altri primati, per gli esseri umani il gruppo sociale corretto dovrebbe comprendere al massimo 150 persone (quello che il Dunbar chiama clan, villaggio, o ecovillaggio). Ci ha scritto anche un libro che consiglio a tutti di leggere: “Di quanti amici abbiamo bisogno? Frivolezze e curiosità evoluzionistiche” edito da Cortina.
Quindi, mi spiace, ma Manuela dovrà aspettare che qualcuno
esca dal mio clan per potervi accedere. Con mio forte disappunto, peraltro.
In compenso l’accaduto mi ha permesso di meditare un attimo
sul senso del termine di amicizia che i social network hanno inserito da alcuni
anni in qua.
Prima pensata: Facebook è un servizio di rete sociale lanciato nel febbraio del 2004, fondato a Cambridge negli Stati Uniti da Mark Zuckerberg e (non ce li scordiamo, di fatti sono i primi amici
di Zuck) dai suoi compagni di college Eduardo Saverin, Dustin Moskovitz e Chris Huges (cito Wikipedia, altro social della cultura).
Prima del 2004 io avevo più o meno una trentina di amici,
metà dei quali non sentivo se non saltuariamente. Oggi, che di amici in FB ne
ho 150, ne sento molti meno, pur leggendone i pensieri e gli eventi almeno una
volta alla settimana via computer.
Ma allora che senso
ha essere nel clan di Dunbar?
Forse nel cliccare i miei “ accetto amicizia” ho scordato di
incrementare in parallelo la mia capacità di sintonizzarmi con loro: altri
ricercatori hanno in effetti dimostrato che per riuscire a mantenere un buon
numero di relazioni sociali, oltre a una corteccia prefrontale ben sviluppata,
è necessario possedere una buona capacità di comprendere gli stati
mentali degli altri, le loro emozioni, le loro conoscenze, e di saper
prevedere sulla base di questi le loro e le proprie azioni.
Diciamo che serve almeno un po’ di intelligenza emotiva?
Ma posso io mettermi a comprendere contemporaneamente le
emozioni di 150 persone-amiche tutte insieme? Ovviamente no.
O forse ho accettato tante amicizie solo per non dispiacere
chi me la chiedeva?
Forse li ho accolti perché ho pensato che potessero essermi “utili”?
Quel che è certo è che da otto anni il termine di amicizia
mi sa che ha preso un’accezione un po’ diversa da quella che ha avuto più o
meno per 6.000 anni…..e forse anche da quella che dava al termine Dunbar.
Seconda pensata: allora caro Dunbar, mi sa che mi metto a fare
eccezioni: la prossima volta che la Bellucci mi chiede amicizia, ma
vaffambagno, gliela concedo. Magari sforzandomi di ispessire un altro po’ la
mia corteccia prefrontale.