domenica 19 luglio 2015

HAI VOLUTO LA BICICLETTA?



Il ciclismo, in quanto sport e cioè gioco, è forse insieme alla corsa uno dei meccanismi meno complicati che esistano. Al di là delle modalità di classifiche, specializzazioni eccetera, sembra si tratti semplicemente di pedalare più veloce degli altri e per più tempo.

A differenza però della corsa a piedi -salvo pochi casi come la staffetta- in bici nelle grandi classiche a tappe si corre in squadra e all’inizio non capivo proprio il senso della cosa, tanto i punti si prendono individualmente, vince Nibali, mica l’Astana. Allora perché partecipano in 160? Perché le squadre sono fatte da 15 e più elementi? 
Poi un po’ alla volta, seguendo il Giro non tanto per lo spettacolo sportivo (che rimenane al 90% pallosissimo secondo i miei personalissimi canoni) quanto per il piacere di vedere luoghi altrimenti  quasi invisibili per il viaggiatore normalmente autostradale, ho cominciato a capire qualcosina di più. 

Per esempio, su come funziona e perché esiste la squadra, come si relazionano i gregari rispetto al campione-capitano, le remunerazioni a cui questi “peones”possono aspirare, visto che tanto alla vittoria finale non possono guardare. Il senso e la speranza per ciascuno dei 160 di vincere qualcosa come una tappa o una maglia  di specialità (montagna, coraggio, iniziativa ecc.). Il senso del perché qualcuno  pedala davanti tagliando l’aria a chi lo segue a ruota e facendo meno fatica. Ho cominciato a capire perché si creano, vedendole anche dall’alto e grazie ai colori delle maglie, certe formazioni tipo volo d’anitra, oppure a ventaglio, davanti o dietro al gruppone, contro o a favore di vento…
Insomma, se la regola base per ciascuno dei tanti è unica -appunto pedalare di più e meglio- la strategia per permettere ai leader di vincere è molto più articolata e complessa di quanto sembri.

E poi ho scoperto una tipologia di gara che mi ha illuminato, meta-formativamante parlando: la crono a squadre. Credo che sia uno degli esempi di metafora di lavoro di gruppo più efficaci mai incontrata.

Per i pochi che non lo sapessero, funziona così: ogni squadra ha nove “giocatori-lavoratori”, che corrono in concorrenza con gli altri team facendo lo stesso percorso. Ogni pedalatore  ha capacità, fama, fisico e specializzazioni diverse, per le quali è stato scelto dal team manager. Il valore di un team è dato dal poter disporre di una differenza di competenze il più possibile allargata e d’eccellenza: una squadra fatta solo da ottimi scalatori non vincerebbe mai il titolo finale.
I team partono scalati di qualche minuto uno dall’altro, e il loro tempo si prende sul quinto arrivato di ogni team, e quel tempo vale per tutti e nove, anche per quelli che eventualmente non sono arrivati fino in fondo o ci sono arrivato mezz’ora prima. 

Quindi c’è chi tira all’inizio, facendo risparmiare energie agli altri che lo seguono allineati e coperti, fino a scoppiare, consapevole che quello è il suo ruolo e tempo. Lungo il percorso ci si dà il cambio davanti, ci si alterna, si danno consigli e supporti, perché nel tratto finale si deve/basta arrivare almeno in sei: cinque per poter prendere i punti dalla gara, più uno perché se qualcuno forasse qualcun altro deve pur fare il quinto. Tutti corrono a testa bassa facendo il proprio diverso dovere rispetto alle decisioni strategiche prese prima della partenza, ma osservando continuamente lo stato di forma dei compagni-colleghi, perché se qualcuno molla tutto il team non ha più possibilità di raggiungere l’obiettivo comune.
Occorre fidarsi del fisico e del morale di tutti gli altri, e una volta partiti,  ti siano simpatici o no, si devono supportare e reinserire nella formazione se sbandano o restano indietro: e nessuno può permettersi di fare il figo, perché se scatta da solo spende energie e non è utile né a se stesso né agli altri.

Vi ricorda qualcosa?

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