Daniel Pennac, in “Come un romanzo” (lo trovate ai tipi della solita Feltrinelli,
anche in edizione economica) scrive dell’approccio alla lettura soprattutto
nelle scuole, e comincia dicendo :
"Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare... il verbo sognare..."
Dopo di che il Daniel passa a declinare il suo personalissimo decalogo circa i diritti del lettore:
1-
non leggere
2-
saltare le pagine
3-
non finire il libro
4-
rileggere
5-
leggere qualsiasi cosa
6-
bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
7-
leggere ovunque
8-
spizzicare
9-
leggere ad alta voce
10-
tacere
A parte il bovarismo -che non sapevo cosa fosse e ho dovuto
cercarlo sul dizionario Hoepli (bovarismo [bo-va-rì-ʃmo] s.m. LETTER Atteggiamento di chi si
ritiene diverso da quello che è, costruendosi un mondo immaginario nel quale
proietta desideri e frustrazioni che nascono dall'insoddisfazione per la
propria condizione reale)- sono abbastanza
d’accordo.
Tanto d’accordo anzi, che ultimamente mi sto chiedendo se il
codice Pennac non si potrebbe/dovrebbe applicare anche al verbo crescere: si può ordinare a qualcuno di crescere? Non è che in aula spesso
viene usato l’imperativo per questo verbo?
In aula io di solito chiedo ai partecipanti, iniziando
qualsiasi corso: ci siete venuti o vi ci hanno mandati? La domanda non è gratuita:
essendo ancora convinto di poter aiutare le persone a fare qualcosa meglio –magari
solo un po’- di quanto non facciano prima di avermi incontrato (in altre
parole: crescere), il sapere se sono volontari interessati o “deportati” (nel
senso letterario di portati via da un luogo – la loro scrivania- per arrivare
ad un altro – l’aula) dovrebbe fare la differenza nell’approccio didattico. Nella
maggior parte dei casi devo mestamente riconoscere che la risposta vira più
sulla seconda ipotesi che sulla prima.
E’ l’azienda che ha la percezione della
necessità di fare crescere le sue persone (che qualcuno chiama anche “risorse” paragonandole a rame,
martelli o computer), ma spesso le persone oggetto dell’attenzione non percepiscono
questo bisogno. O non lo percepiscono allo stesso modo dei loro mittenti.
Allora non potrebbe essere più
efficace una formazione che copiasse il codice pennacchiano e sancisse come
diritto dei partecipanti (condiviso con
l’azienda committente, ovvio) di
1-
Non partecipare se non si crede di averne
bisogno
2-
Saltare le slide che si sono già viste facendo
disegnini liberi
3-
Non finire un corso
4-
Ripetere un corso che è piaciuto
5-
Fare formazione su temi almeno condivisi col
capo
6-
Bovarismo (che va sempre bene, anzi in questa accezione anche meglio)
7-
Studiare e aggiornarsi ovunque, anche dopo il
corso
8-
Spizzicare fra diversi cataloghi formativi
9-
Sperimentare in concreto fin dall’aula
10-
Ascoltare e basta, senza esser costretti a
rispondere alle domande
Forse ci sarebbero alcune defezioni dalle aule (quelle che
mentalmente comunque si verificano) ma si potrebbe lavorare molto meglio con
quelli che rimangono…
Forse le aule dei formatori bravi sarebbero piene e quelle
di quelli meno bravi vuote.
Mi rendo conto di sognare, ma i miei colleghi coach mi hanno
spinto a pensare, ogni tanto, a cosa vorrei fare se potessi avere una bacchetta
magica come Harry Potter… EXPELLIDOCENT!
Caro Marco,
RispondiEliminaho appena finito di leggere il tuo post… vabbè, citarmi Pennac significa vincere facile, ho letto tutto e riletto pure e ne sono un fan fanatico!!!
D’accordissimo con te! Come obbligare qualcuno a imparare?!?! Forse anche perché imparare e amare sono verbi e azioni che si tengono per mano… (Pichon Riviere docet, in particolare col concetto di ECRO). Non so se ti ho mai parlato del buon Gregory Bateson, ma lui provava a spiegare questa cosa con un’immagine molto divertente. Scriveva che, se sei un bravo giocatore di biliardo, colpisci bene la palla e la palla va in buca… ma se tu, pur restando un bravo giocatore di biliardo, metti un riccio raggomitolato a palla sul tappeto verde e lo colpisci bene, può anche accadere che il riccio s’incazzi e morda… e ciò è tanto più probabile - aggiungo io – se, da bravo giocatore, sai colpire bene, ma non fai attenzione e non vedi per tempo che hai davanti a te un riccio e non una palla!
A presto!!!!
Davide