giovedì 13 settembre 2012

Modena, tortellini, storia e dadi didattici


11 settembre, vado a Modena per seguire un seminario dal titolo intrigante:

Il gioco. Uno strumento multidisciplinare. Un seminario pratico.

Ci vado per il titolo, che mi acchiappa  fin nella separazione letteralmente puntuale fra gioco, strumento e praticità. 
Ci vado per i docenti che sono un amico di lunghissima data (Antonio Brusa, docente di storia con cattedra a Bari e utente di giochi per docere la storia), un amico più giovane ma ormai nel gotha del ludico italiano (Andrea Liga Ligabue, esperto, collezionista, organizzatore e padre di figlie giocanti) e Roberto Guidetti che non conosco ma mi fido (docente di genetica e dintorni all’università di Modena, assistito da Matteo Bisanti, giovane ludodivulgatore scientifico).
Come me si fidano evidentemente  molti altri: da discenti ci sono circa sessanta docenti “vere”, di scuola vera, quella che parte proprio oggi, di ogni ordine e grado. Cito al femminile perché di maschi ne siamo 4 fra il pubblico, più i relatori (esclusa ovviamente l’ottima Giulia Ricci, dell’Istituto Storico di Modena, deus ex machina di questo seminario e molto altro).
Il tutto é lanciato da Memo, acronimo che (credo) riprenda Multicentro Educativo Modena.

Son davvero felice di esserci venuto e consiglio a tutti di scrivere al suddetto Memo per avere ogni informazione possibile su questo seminario e sui prossimi: memo@comune.modena.it

Felice perché vedo un ente pubblico che sul serio mette a disposizione dei suoi dipendenti (insegnanti nel caso) strutture e idee d’avanguardia e finalmente un po’ diverse dal solito banale.
Felice perché vedo insegnanti che investono il loro tempo e la loro energia pensando non agli straordinari ma a come trasferire meglio e in modo più efficace i concetti agli studenti.
Felice perché ascolto realtori che non se la tirano ma credono in quello che fanno e lo si vede dalla loro faccia. E trasmettono davvero le cose invece di suggerire solo che sarebbero molto bravi a farlo.
Felice perché ascolto e pratico un sacco di modelli didattici interessanti, molti dei quali con le dovute elaborazioni senza dubbio utilizzabili anche nella formazione d’aula più adulta e manageriale possibile.
Felice perché insieme ad amici approfondiamo il tema ludo formativo dell’attenzione alla forma del gioco vs.contenuti trasmessi o trasmissibili (e su questo conto di sviluppare un post ad hoc).

Vi passo in concreto qualche dritta: 

il gioco dei nomadi e dei sedentari del prof Brusa: lavorare sugli stereotipi usando quello della normale accezione di nomade=zingaro, partendo dai pastori sumeri per arrivare a scoprire che in effetti non si sa nulla dei Rom, e che almeno il 30% di tutti noi è definibile come nomade (dagli informatori farmaceutici ai marinai…). Ottenendo così un bel focus utilizzabilissimo ad esempio per lavorare sulla competenza critica nella raccolta delle informazioni (per maggiori info scrivete a brusa@mundusonline.it).

Il gioco dell’Isola perduta –reperibile in ogni buon negozio di giochi- che fa sviluppare un bel meccanismo di cohopetition, cercando di salvare i giocatori da un’isola che sprofonda progressivamente (un po’ come nel vecchio Atlantis dell’Hasbro, per i più anziani fra i miei lettori). Per sapere di più su questo e altre novità applicabili all’aula potete scrivere a liga@treemme.org.

Il gioco del DNA con le lettere, che mi ha fatto capire in pochi minuti quel che non avevo compreso in 60 anni del meccanismo genetico: con pennarelli e tappi colorati si formano delle combinazioni di colori che corrispondono a lettere, con cui fare anagrammi. Ma basta cambiare un colore e tutto diventa diverso, nuove lettere per nuove parole… detto così magari è un po’ incasinato, ma se chiedete al Memo vi danno la mail di Matteo Bisanti che a sua volta vi spedisce il pacchetto completo di gioco e DNA allegato.

Ah, ho anche mangiato dei tortellini alla panna davvero davvero buoni. E ho visto due Ferrari.

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