
È altrettanto evidente che questa possibilità di
rischiare-senza-rischiare può essere sfruttata in formazione d’aula per portare
le persone a livelli di presa di decisione che in realtà sarebbe difficile
evidenziare in altro modo (di solito l’azienda non gradisce che i suoi formandi decedano in aula). In giochi di ruolo in cui si analizza
qual è la propensione al rischio, esempio ovvio visto quanto detto sopra, c’è
chi muore in un adventure game venti volte e chi solo due. Non serve per
definire se uno agisce meglio dell’altro in assoluto, ma magari per vedere come
ciascuno di loro prende le sue decisioni in modo più o meno strutturato e
strategico ( a volte morire molto in un videogame può essere usato per imparare
molto…).
Altra cosa che io trovo molto interessante in queste
esperienze videodidattiche è la possibilità di aver altre scelte, cosa che nella
vita reale non si ha. Si può tornare indietro e vedere cosa sarebbe successo se…
Tanto per cominciare questo è fondamentale per evidenziare -nel caso di lavoro
sulla visione strategica- il concetto che nessuna scelta è davvero obbligata e
che esistono sempre alternative ad ogni soluzione.

Questo spiega molto bene, insieme a parecchio altro, Piermarco
Rosa in Keiron
(http://www.lameridiana.it/SchedeDettaglio/DettaglioPubblicazione/tabid/61/Default.aspx?isbn=9788861532526),
nel suo articolo dedicato appunto all’uso del videogioco nella didattica.
Leggerlo in parallelo a The Game è un’esperienza interessante: un po’ come bere
consapevolmente un cocktail ben shakerato.
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