Il poker può essere uno sport/gioco per tutti e per tutte le
tasche (lo dice anche Lady Gaga) o, se non si sta attenti, può diventare un fenomeno distruttivo. Ci sono
ormai migliaia di testi che vi spiegano le meccaniche pericolose della sindrome
GAP relativa, basta ad esempio andare in http://www.andinrete.it,
il portale di Azzardo e Nuove Dipendenze. Oppure visitare http://www.doc.unifi.it/10_azzardo.html dove trovate anche un test che vi dice come
siete messi al riguardo. Tuttavia, come detto sopra, esiste anche un modo molto più semplice e
divertente per giocare a poker. Secondo me il modo migliore è quello di farlo
fra amici fidati, con un premio definito in partenza compatibile con le tasche
di tutti, preversato a scanso di sorprese,
e fiches liberamente interpretate (date un valore sostanzioso, tanto è
metaforico: ad esempio dieci euro a fiches, un godere vincere duecento euro in
una mano senza in realtà rischiare nulla). Poi giocate come se fossero appunto
vere, con tutti i rientri e i rischi del caso: vince tutta e solo la posta
preversata chi ad una certa ora ha più “soldi” in cassa.
Non pretendo che tutti o tanti siano d’accordo sulla cosa,
io mi diverto un sacco a giocare così con gli amici senza patemi di perdere (né
di fare perdere ad altri) somme impreviste.
Al proposito vi consiglio due libri: il primo, di Dario de
Toffoli, uno dei maghi del gioco italiano (ha vinto l’oro globale alle
olimpiadi del gioco da tavolo di Londra 2012 finite giusto qualche giorno fa),
è A scuola di poker, scritto insieme
al pluricampione Max Pescatori. Serve per giocare meglio e vincere di più.
Se invece volete prendere il poker come mezzo di crescita
personale , magari applicandolo anche in aula esperienziale, cercate il quasi
introvabile L’arte marziale del Poker,
di Sergio Valzania, editore Solfanelli. Qui il Sergio scrive -in modo molto
leggibile e piacevole peraltro- di come gestire alcuni comportamenti che
servono poi in effetti in moltissime altre circostanze, anche extra tavolo
verde. Per esempio capire quando non è il caso di insistere, quando invece di
deve provare a rischiare anche senza troppe risorse. Come imparare a
controllare il proprio non verbale… Ascolto, autocontrollo, calcolo delle probabilità, sviluppo della memoria.
La considerazione per me più importante che si può derivare da questo
libro è legata al concetto che spillare le proprie carte appena ricevute -con
visibile attenzione e piacere- è una pirlata pazzesca. Le vostre carte-risorsa sono lì comunque, aspettano e non cambiano. Quel che cambia è l’atteggiamente
degli altri giocatori quando vedono le proprie. Osservare il loro non verbale, connettersi con le loro
emozioni, definire una strategia in funzione di queste informazioni è assolutamente
più importante della valutazione del valore delle proprie carte. C’è chi
addirittura -sostiene il Valzania- non le guarda nemmeno le sue carte, e gioca solo sull’intuizione derivata dalle
espressioni dei concorrenti. Trasferiamo il concetto nella realtà di tutti i
giorni: quante volte siamo capaci di relazionarci con qualcuno focalizzando l’attenzione
su di lui invece che su di noi? Sulle sue emozioni e bisogni piuttosto che
sulle nostre necessità? Quanto spesso riusciamo a usare come risorsa le informazioni
che ci passano gli altri rispetto alle convinzioni che strutturiamo basandoci
solo su quel che abbiamo noi?
Se si può aggiustare una moto secondo il pensiero Zen (Lo Zen e l'arte della manutenzione
della motocicletta, di Robert M. Pirsig del ’74, in cui vengono
sviluppati i primi elementi di quella che in seguito l'autore avrebbe battezzato Metafisica della Qualità), qui diventa evidente come l’arte marziale del Poker
possa leggersi a mò di vero e proprio – e serio- momento di crescita
personale.
Crescita che permetterà poi di passare con consapevolezza
adeguata alla B.C. (Briscola Chiamata).
Ma di questo capolavoro assoluto, secondo me il miglior
modello ludico fra tutti i giochi di carte e forse non solo quelli, parleremo
in luogo apposito e più consono.
Nessun commento:
Posta un commento