sabato 1 settembre 2012

Poker Face


Il poker può essere uno sport/gioco per tutti e per tutte le tasche (lo dice anche Lady Gaga) o, se non si sta attenti, può diventare un fenomeno distruttivo. Ci sono ormai migliaia di testi che vi spiegano le meccaniche pericolose della sindrome GAP relativa, basta ad esempio andare in http://www.andinrete.it, il portale di Azzardo e Nuove Dipendenze. Oppure visitare  http://www.doc.unifi.it/10_azzardo.html dove trovate anche un test che vi dice come siete messi al riguardo. Tuttavia, come detto sopra,  esiste anche un modo molto più semplice e divertente per giocare a poker. Secondo me il modo migliore è quello di farlo fra amici fidati, con un premio definito in partenza compatibile con le tasche di tutti, preversato a scanso di sorprese,  e fiches liberamente interpretate (date un valore sostanzioso, tanto è metaforico: ad esempio dieci euro a fiches, un godere vincere duecento euro in una mano senza in realtà rischiare nulla). Poi giocate come se fossero appunto vere, con tutti i rientri e i rischi del caso: vince tutta e solo la posta preversata chi ad una certa ora ha più “soldi” in cassa.
Non pretendo che tutti o tanti siano d’accordo sulla cosa, io mi diverto un sacco a giocare così con gli amici senza patemi di perdere (né di fare perdere ad altri) somme impreviste.
Al proposito vi consiglio due libri: il primo, di Dario de Toffoli, uno dei maghi del gioco italiano (ha vinto l’oro globale alle olimpiadi del gioco da tavolo di Londra 2012 finite giusto qualche giorno fa), è A scuola di poker, scritto insieme al pluricampione Max Pescatori. Serve per giocare meglio e vincere di più.
Se invece volete prendere il poker come mezzo di crescita personale , magari applicandolo anche in aula esperienziale, cercate il quasi introvabile L’arte marziale del Poker, di Sergio Valzania, editore Solfanelli. Qui il Sergio scrive -in modo molto leggibile e piacevole peraltro- di come gestire alcuni comportamenti che servono poi in effetti in moltissime altre circostanze, anche extra tavolo verde. Per esempio capire quando non è il caso di insistere, quando invece di deve provare a rischiare anche senza troppe risorse. Come imparare a controllare il proprio non verbale…  Ascolto, autocontrollo, calcolo delle probabilità, sviluppo della memoria.
La considerazione per me più importante che si può derivare da questo libro è legata al concetto che spillare le proprie carte appena ricevute -con visibile attenzione e piacere- è una pirlata pazzesca. Le vostre carte-risorsa sono lì comunque, aspettano e non cambiano. Quel che cambia è l’atteggiamente degli altri giocatori quando vedono le proprie. Osservare il  loro non verbale, connettersi con le loro emozioni, definire una strategia in funzione di queste informazioni è assolutamente più importante della valutazione del valore delle proprie carte. C’è chi addirittura -sostiene il Valzania- non le guarda nemmeno le sue carte,  e gioca solo sull’intuizione derivata dalle espressioni dei concorrenti. Trasferiamo il concetto nella realtà di tutti i giorni: quante volte siamo capaci di relazionarci con qualcuno focalizzando l’attenzione su di lui invece che su di noi? Sulle sue emozioni e bisogni piuttosto che sulle nostre necessità? Quanto spesso riusciamo a usare come risorsa le informazioni che ci passano gli altri rispetto alle convinzioni che strutturiamo basandoci solo su quel che abbiamo noi?
Se si può aggiustare una moto secondo il pensiero Zen (Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, di Robert M. Pirsig del ’74, in cui vengono sviluppati i primi elementi di quella che in seguito l'autore avrebbe battezzato Metafisica della Qualità), qui diventa evidente come l’arte marziale del Poker possa leggersi a mò di vero e proprio – e serio- momento di crescita personale.
Crescita che permetterà poi di passare con consapevolezza adeguata alla B.C. (Briscola Chiamata).
Ma di questo capolavoro assoluto, secondo me il miglior modello ludico fra tutti i giochi di carte e forse non solo quelli, parleremo in luogo apposito e più consono.

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